La paga dei padroni

Pubblicato da Davide, Aggiornato lunedì 24 novembre 2008 1 Commento »

La paga dei Padroni

Ho iniziato a leggere quasi per caso “La Paga dei Padroni”, un libro scritto da due rinomati giornalisti (G. Dragoni e G. Meletti) che illustra la tremenda anomalia italiana, dove gli stipendi dei top manager sono altissimi e gli stipendi delle persone normali restano fermi da ormai troppi anni. E’ un tema molto attuale, in tempi di crisi.

Spesso di fronte a parole e sigle inglesi ci si sente inadeguati, eppure l’economia non dovrebbe essere così astrusa: la matematica è ben più complicata. Il punto di vista degli autori è semplice, non è un libro scandalistico sugli stipendi d’oro dei banchieri ne sulla casta politica, si cerca invece di analizzare i centri di potere finanziario del capitalismo italiano con un occhio critico. Ho letto le prime venti pagine e già mi sento di consigliarlo.

Il video di presentazione illustra bene i temi del libro, che sono riassunti in questa breve descrizione:

I numeri fanno impressione. Mentre la Borsa nel 2007 ha perso l’8 per cento circa, gli stipendi dei manager sono saliti del 17 per cento. Idem per il 2006. Lo stipendio di Alessandro Profumo, amministratore delegato dell’Unicredit, è cresciuto del 39 per cento (9 milioni 426mila euro). Il valore di mercato delle azioni Unicredit è sceso del 17 per cento. Perché?

Non è demagogia. L’economia italiana è in piena recessione. I salari perdono potere d’acquisto. È sempre più difficile arrivare alla fine del mese. E la colpa di chi sarebbe? Dei dipendenti pubblici, definiti “fannulloni”, dei piccoli imprenditori, tutti evasori, dei lavoratori dipendenti, poco produttivi e troppo sindacalizzati.

Manager, banchieri e capitani d’industria restano immuni da responsabilità. Per loro, se c’è qualcosa che non va è a causa della politica o del mercato internazionale. Ma non è così. Basta vedere quanto guadagnano, e come.

Questo libro mette insieme gli stipendi e le storie della nostra classe dirigente. Un sistema granitico, di signorie e vassallaggi. I nomi sono sempre gli stessi da anni: Ligresti, Pesenti, Berlusconi, Moratti, Agnelli, Colaninno, Romiti, De Benedetti, Caltagirone, Benetton… Protagonisti di un sistema che pensa più alla finanza che all’industria, più a mantenere un sistema di potere che a far prosperare le imprese. Condottieri di un capitalismo malato.

E poi c’è Mediobanca, l’epicentro del potere finanziario da sempre, la scatola nera del privilegio.
La parola chiave è una sola: fedeltà. Allora lo stipendio milionario è assicurato.

Come insegna la saga infinita dei dirigenti pubblici, spostati da una parte all’altra, sempre con buonuscite record, e dopo aver accumulato, molto spesso, perdite disastrose. E quella dei capitalisti senza capitali, che controllano una società con un’altra società, un’altra ancora, un’altra… Così hanno diritto a pochi dividendi, ma il potere è loro, basta una firma ed ecco che scatta il compenso d’oro. [da chiarelettere]

Inizio a leggerlo senza pretese, giusto per capire di più. So che farà male, ma questo è un tema che mi sta particolarmente a cuore: vorrei lavorare da grande in una azienda dove il capo guadagna solo 1 dollaro all’anno, non tanto perchè è un pirla ma solo perchè è consapevole di averne a sufficienza per mangiare e togliersi qualche soddisfazione.. C’è sempre tanto da imparare!

1 Commento »

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  1. 1

    concordo pienamente. come ha detto qualcuno prima di me: “la storia insegna ma nessuno impara mai niente…”

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