One Laptop per Child e innovazione secondo Negroponte

Pubblicato da Davide, Aggiornato venerdì 8 agosto 2008 5 Commenti »

OLPC - Unimore

Come previsto, sono andato all’incontro con Nicholas Negroponte organizzato dal Comune di Reggio Emilia, industriali reggiani e Università di Modena e Reggio Emilia.
In una affollatissima aula magna, si è parlato di innovazione, ma soprattutto del progetto One Laptop per Child che Negroponte sta portando a compimento, la data di lancio dovrebbe essere il prossimo 12 Novembre.

Cos’è questo laptop? E’ un computer portatile a basso costo, attualmente attorno ai 130 euro. Grazie ad economie di scala (1milione di pezzi prodotti ogni mese) e a soluzioni tecnologiche in grado di contenere i costi dovrebbe arrivare, nelle intenzioni del suo ideatore, a costare circa 100 dollari. Lo vedete nella foto mentre sullo schermo appare il portale di accesso alla rete wireless dell’università reggiana. Visto da vicino sembra proprio un prodotto riuscito.

La risorsa naturale più preziosa per ogni nazione sono i suoi bambini. Crediamo che le nazioni che vogliono emergere devono far leva sulle innate capacità dei bambini di imparare, dividere e creare da sole. La nostra risposta a questa sfida è il laptop XO, un portatile adatto per i bambini e disegnato per “imparare a imparare.

L’XO incorpora le teorie costruzionistiche sviluppate per prime dal professore del MIT Media Lab Seymour Paper negli anni sessanta, più tardi rielaborate da Alan Kay e complementate da principi articolati da Nicholas Negroponte nel suo libro, Essere Digitale.

Il costruzionismo, estensivamente provato sul campo e validato da alcuni esperimenti nelle regioni più remote, enfatizza quello che Papert chiama “imparare a imparare” quale fondamentale esperienza educativa. Un computer catalizza l’”imparare a imparare” permettendo ai bambini di “pensare al pensiero” in una maniera altrimenti impossibile. L’utilizzo dell’XO, sia come finestra sul loro mondo che come strumento programmabile per esplorarlo, permette ai bambini delle nazioni emergenti di accedere al sapere quasi illimitato di internet e al pari passo di esercitare la risoluzione di problemi in maniera creativa.

OLPC non è, a memoria, un programma tecnologico, né XO è un prodotto nel senso convenzionale della parola. OLPC è un’organizzazione senza scopo di lucro che cerca di dare ai bambini anche nelle regioni più lontane del pianeta l’opportunità di sfruttare il potenziale che è in loro, di essere esposti a un intero mondo di idee e di contribuire ad una comunità mondiale più sana e produttiva.

Negroponte ha parlato per buona parte di questo progetto, ha evidenziato qualche particolare tecnico del computerino portatile. Resistenza agli urti, prestazioni modeste, basso consumo energetico, ricarica delle batterie senza necessità di energia elettrica, configurazione di rete mesh wireless (ovvero ogni terminale funziona sia da ricevente che da trasmettitore, non serve un hotspot), sistema operativo linux (quindi piena libertà di modifica del software) e soprattutto un tasto apposito che in qualsiasi momento permette all’utente al bambino di visionare il codice sorgente.

La presentazione è iniziata con una semplice constatazione. Un bambino che programma un pc affinchè questo disegni un cerchio, scrive codice e lo “fa girare”. Il 90% delle volte non funziona al primo colpo, ecco quindi che bisogna procedere al debug; ovvero ripercorrere il proprio lavoro e scoprire gli errori commessi fino al raggiungimento del risultato. Si è visto come i bambini che avevano assimilato questo processo educativo fossero poi più interessati ai propri errori piuttosto che al voto. Niente di più positivo.

Un computer può stimolare la creatività infantile? Certo, basta utilizzarlo correttamente.. o forse servirebbe proprio un computer pensato per i bambini. Guardare la foto di questa classe in Nigeria, in una scuola elementare dove manca acqua ed energia, fa un certo effetto. Verrebbe quasi da chiedersi come mai in una scuola italiana questa scena non sia replicabile.. Forse questi laptop sarebbero utili anche in contesti sviluppati e non solo nel cosiddetto terzo mondo. Giustamente un ragazzo del pubblico lo ha fatto notare.

OLPC - Galadima

Era presente in sala anche Romano Prodi, nel suo breve intervento ha detto che l’Italia si è impegnata nel progetto per acquistare questi portatili e donarli a bambini etiopi. Perchè l’Etiopia? Semplicemente perchè l’Italia ha un conto aperto con la storia.

Reggio Emilia è una città che ha investito molto sulla creatività infantile, è famosa in tutto il mondo per i suoi asili, basti pensare a Reggio Children. Ma stiamo investendo altrettanto per la creatività giovanile? Quando parlo di creatività giovanile non mi riferisco ai murales o ai gruppi musicali di base, bensì al ruolo che viene riconosciuto ai giovani universitari e lavoratori.
Negroponte ha evidenziato questa tendenza tutta europea, a suo parere, del non prestare attenzione alla creatività giovanile. Creatività intesa nel suo significato aulico e non come semplice forma espressiva. Nel Media Lab del MIT di Boston lavorano oggi tante persone (circa 500, se non ricordo male) ma solo una piccola parte sono professori accademici. Vi sono perlopiù ricercatori e studenti provenienti dalle più svariate discipline e con differenti background culturali. Negroponte ha insistito molto sul discorso della diversità. La diversità sta alla base dell’innovazione. La commistione di culture, di modi di pensare diversi tra loro, di persone che hanno sostenuto studi disparati, non può che giovare al concepimento di nuove idee. Certo è che nel contesto italiano questo modo di pensare risulta difficile da applicare, quando si vive col terrore dell’immigrazione e con la propensione al chiudersi in casa.

Emblematico è stato un passaggio in cui Negroponte non si è dichiarato americano piuttosto che europeo (i suoi genitori sono di origine greca), ma cittadino del mondo. Utopie d’altri tempi? Non credo, viviamo in un’epoca in cui non ha senso misurare la competizione in termini di Emilia Romagna contro Lombardia. Dovremmo e dobbiamo confrontarci in un’ottica globale, volenti o nolenti.
E all’ultima domanda se anche una città come Reggio Emilia possa essere competitiva nel mercato globale Negroponte ha risposto affermativamente. Non è necessario essere una grande metropoli, ma essere wired: cioè connessi. Le opportunità di una grande città possono essere replicate in piccola scala se si ha attenzione e si aprono bene gli occhi sul mondo.

Poi però siamo tornati coi piedi per terra quando il moderatore del dibattito ha annunciato l’ultimissima domanda concessa a suo nipote (con sacrosanta incavolatura del diretto interessato). Domando peraltro azzeccata: quanto è americano questo progetto? Il prodotto in sè solo al 5%, il coraggio e la spinta innovativa sono invece in buona parte statunitensi.

Viene da chiedersi se un computer così non sia più necessario ai bambini dei paesi sviluppati (esiste infatti la formula get one-give one), se invece per loro non servano maggiormente cibo e medicine. Ma gli scettici, si sà, sono ovunque; daltronde in quanti ritenevano necessario il web agli esordi?

5 Commenti »

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  1. 1

    bene, non mi son perso niente allora, visto che subodoravo che il suo intervento, piuttosto che sull’innovazione, sarebbe stato un markettone per il suo OLPC.

    la cosa più penosa è stata sentirmi dire da un mio professore che “se volete sapere cosa succederà nei prossimi 20 anni, lui lo sà..”

    il mio concetto di innovazione è un tantino differente…

    MAH!

  2. 2

    Guarda è stata una pappardella sul laptop, certo, ma per un 30% dell’intervento è stato piuttosto interessante. Insomma, alla fine sono uscito con quell’aria mezza fiera. Anche se purtroppo non ha approfondito il discorso sull’innovazione.. e di certo non ha svelato i prossimi 20 anni!

  3. 3

    già.. io ne ho solo sentito parlare al telegiornale.. pero’ mi è piaciuto quando alla domanda del giornalista “ma perchè al posto dei computer non portare cibo in africa?” lui ha risposto “provi a sostituire la parola computer con ISTRUZIONE” allora mi sono un attimino ricreduta…… (però credo che la necessità di computer in Africa non sia ancora un bisogno primario da questo continente….)

  4. 4

    cavolo..un ottimo progetto spero solo che vada in porto e che gli interessi economici non prendano il sopravvento come quasi sempre succede..

  5. 5

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